Il salone Internazionale del libro di Torino mi mette sempre addosso un po’ d’ansia da prestazione: voglio fare, vedere, scoprire, incontrare…
Una profusione di verbi, sopra ai quali ne impera uno: camminare!
La misura di quanto mi sia goduta il Salone del libro, per quanto mi riguarda si misura dall’intensità del mal di schiena del lunedì sera che quest’anno classificherei come medio alto.
Le cose importanti
Questo salone per me era ancor più speciale del solito, a motivo di due anniversari, il primo era quello di Fazi editore, col quale pubblico dal 2019, che festeggiava i suoi trent’anni di attività; il secondo era invece personale: dieci anni fa entravo per la prima volta al Lingotto Fiere non soltanto come lettrice ma come autrice, il mio primo romanzo uscì infatti nell’autunno 2014 e partecipò all’edizione 2015.
Ci sarebbero tante cose da dire sull’edizione di quest’anno – le novità, le immancabili polemiche socio-politico-religiose, i risultati economici – ma lascerò che queste informazioni serie e importanti siano riportate da persone al pari serie e importanti, che le sapranno riferire meglio e con più cognizione di causa di quanto io potrei (e avrei voglia di) fare.
Mi concentrerò invece sulle trascurabili facezie, che però hanno reso piacevole il mio Salone.
La foto preferita
Ogni anno, al termine Salone, scorro tutte le foto che ho scattato e scelgo la mia preferita, che in genere è anche la più stupida e decontestualizzata. L’anno scorso era un selfie con le orecchie da Topolino, quest’anno è una fotografia in compagnia di un non meglio identificato dinosauro di cartone.
Farsi fotografare accanto a un dinosauro è una mossa altamente strategica, perché al confronto non si può che apparire giovani. Ammetto però che avrei voluto scegliere di farmi scattare la fotografia vicino al brontosauro, ma temevo che il confronto con quell’essere slanciato, mi avrebbe fatta sembrare ancor più tarchiata.
Un altro tipo di fotografia che scatto spesso al Salone è il selfie casuale: mi metto di fronte a uno scaffale sollevando l’indice, che finirà per indicare un volume a caso, come nella prima foto dell’articolo, dove il mio dito indica chiaramente – e casualmente – uno dei miei libri preferiti.
La frase preferita
A parte le conferenze, gli incontri e le presentazioni dei libri, quando sono al salone amo raccogliere frasi che emergono qua e là dal vociare dei visitatori
Anche in questo caso, la mia preferita è stata la più stupida.
Ero in un magnifico stand ad ambientazione giapponese e sfogliavo dei libri all’ombra, fittizia ma comunque suggestiva, di un ramo di ciliegio.
Sono entrate due donne e una ha detto all’altra con voce affranta: “Ci sono libri anche qui! Speravo che fosse un chiosco di sushi!”.
Sì, cara, ci sono libri anche qui, cosa ti aspettavi? D’altronde sei al salone del libro. Non è che hai sbagliato fiera?
Non importa: w i lettori; che siano irriducibili della prima edizione, principianti o capitati al salone per chissà quale bizzarro caso.
La chiamano serendipità la magnifica evenienza di scoprire qualcosa di prezioso, cercando altro (in questo caso degli uramaki).